Il cambiamento organizzativo nelle università italiane: il caso degli ERM

A partire dalla fine degli anni Novanta, le biblioteche si sono trovate di fronte a una nuova sfida: gestire le risorse elettroniche. In questo articolo viene analizzato il caso degli ERM, come nascono e quali vantaggi portano.
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A partire dalla fine degli anni Novanta, in contemporanea alla crescita esponenziale della disponibilità e dell'uso di risorse elettroniche, quali e-journal ed e-book, hanno iniziato a diffondersi applicativi dedicati alla gestione di tale tipo di documentazione: gli Electronic Resources Management Systems (ERMS).

Si trattava di rispondere a un'esigenza nuova per la quale i sistemi integrati di gestione della biblioteca (ILS) allora più diffusi non erano ancora pronti.

Le risorse elettroniche hanno infatti modalità di distribuzione spesso diverse da quelle analogiche, come la possibilità di gestire titoli singoli, ma contemporaneamente l'appartenenza di tali titoli a uno o più pacchetti editoriali, oppure ancora a banche dati full-text, che è possibile gestire nei moduli dell'ILS destinati alle acquisizioni o alla catalogazione.

Allo stesso modo, gli ILS e i loro fornitori non erano in grado di gestire le knowledge basi globali, comprendenti centinaia di migliaia, milioni di pubblicazioni, in aggiornamento continuo, a volte addirittura quotidiano: l'impresa richiedeva, e richiede, un ingente investimento e una struttura adatta a gestire i rapporti con migliaia di editori, oltre a un'infrastruttura in grado di consentire operazioni su miliardi di record.

Le risorse elettroniche, inoltre, presentano un ciclo di vita e processi di acquisizione diversi, spesso più complessi e variabili, rispetto a quelli delle risorse.
I primi ERMS vennero quindi sviluppati come sistemi analoghi agli ILS, ma da questi separati e indipendenti. Era diventato possibile gestire le risorse elettroniche, anche se in un flusso completamente parallelo e non integrato con la gestione del materiale cartaceo
[1], [2].

Successivamente, all'inizio della seconda decade degli anni Duemila, arrivano sul mercato le cosiddette Library Service Platform (LSP).

Il termine è stato coniato da Marshall Breeding nel 2011, per definire nel complesso strumenti creati da diversi produttori, e da ciascuno di essi denominati in maniera diversa, almeno inizialmente, ma accomunati dal fatto di essere sistemi che permettono di gestire all'interno di un'unica piattaforma l'intero ciclo di vita di tutte le risorse, siano esse a stampa, elettroniche o digitali [3].

Oggi, le piattaforme per i servizi bibliotecari sono una realtà ampiamente diffusa in tutto il mondo e anche in Italia, particolarmente nell’ambito delle biblioteche accademiche e di ricerca, dove il traino della necessità di gestire le risorse elettroniche ha stimolato l’acquisizione delle piattaforme unificate.

Dal punto di vista della gestione dei flussi di lavoro, l’acquisizione di una LSP, ma specialmente dei moduli legati all’ERM, non già coperti in precedenza dall’automazione portata dagli Integrated Library Systems, rappresenta un cambiamento significativo.

Nella realtà italiana, si osserva una generalizzata diminuzione del numero degli addetti alla gestione dei servizi di biblioteca, dove ai molti che arrivano alla pensione non subentrano altrettanti nuovi assunti. Questo fenomeno, nel tempo, ha portato alla perdita in molte istituzioni di figure chiave, specializzate per esempio nella gestione delle risorse elettroniche, e a questi incarichi totalmente dedicate. Ciò accade in controtendenza rispetto a quanto si osserva nel mercato del lavoro statunitense, dove la richiesta di figure esperte, da dedicare a un singolo settore di attività è invece fortissima (metadata librarian, electronic resource librarian…).
In Italia la gestione delle risorse elettroniche e di altri servizi di sistema, come per esempio quella dell’interfaccia di ricerca unificata, o discovery, è spesso affidata a gruppi di lavoro abbastanza eterogenei, dove i diversi componenti portano esperienze, sensibilità e competenze diverse collaborando tra di loro. Ciascuno si occupa di parte del lavoro, quasi sempre portando avanti contemporaneamente anche altre attività in settori diversi.

È evidente che, in tale contesto organizzativo, l’utilizzo di uno strumento che faciliti la collaborazione è quindi fondamentale.[1] La necessità che il gruppo funzioni anche nella temporanea assenza di qualcuno dei suoi componenti, si scontra a volte con l’utilizzo di sistemi e soluzioni che, se pur potevano funzionare in precedenza, non sono più adatti alle nuove modalità di lavoro.

Tra le altre considerazioni da fare, c’è da dire che l’adozione di un ERM coinvolge, tipicamente un gruppo di lavoro abbastanza ristretto dal punto di vista numerico. Questa peculiarità facilita la gestione del cambiamento, rispetto ad altri potenzialmente più impattanti sull’istituzione nel suo complesso.

Un ERM diventa quindi uno strumento che permette di concentrare le informazioni: i dati sui contratti, sulle scadenze, sui trial; le informazioni sui fornitori e sui referenti commerciali; quelle sulle licenze e le condizioni d’uso delle risorse convergono nell’ERM consentendo di abbandonare le soluzioni meno specializzate utilizzate in precedenza.

Il flusso di lavoro organizzato dell’ERM permette inoltre la massima efficienza dei processi.
Un ERM si integra con le knowledge base realizzate e gestite dai maggiori fornitori di risorse elettroniche. L’uso di una knowledge base globale in connessione con l’ERM, significa avere i metadati delle pubblicazioni (titoli, identificatori link e altro per ejournal, ebook, ma anche conference proceedings, report e altre pubblicazioni) costantemente aggiornati con le informazioni provenienti dagli editori, siano essi i maggiori publisher locali, siano anche case editrici locali.
FOLIO, la LSP open-source realizzata nell'ambito della Open Library Foundation, ad esempio, include una serie di moduli che realizzano le funzionalità di un ERMS ed è integrato con la Knowledge base globale di EBSCO. In tal modo, alle attività amministrative legate alla gestione di una risorsa, seguono all’interno del medesimo strumento e del medesimo flusso di lavoro quelle legate all’attivazione della risorsa stessa per l’uso da parte degli utenti finali: attivazione del titolo singolo o dei pacchetti all’interno del link resolver, disponibilità dei metadati per la ricerca nell’interfaccia del discovery e così via. I permessi di accesso estremamente granulari permettono inoltre di segmentare l’attività in diversi passaggi e tra diversi operatori, pur mantenendo l’intero flusso all’interno dello stesso strumento.

Ciò significa che nel tempo, attraverso l’adozione di un ERM, aumentano sia l’efficienza di gestione, sia la sicurezza con cui i dati vengono trattati.

Utilizzare un sistema ad hoc per la gestione delle risorse elettroniche, facilita inoltre la gestione delle integrazioni con applicativi di terze parti in uso localmente: software per la contabilità, come per esempio U-GOV, utilizzato da una grandissima parte delle università, ACNP, per la condivisione del posseduto elettronico dell’istituzione nel catalogo nazionale dei periodici, e così via.

I bibliotecari responsabili delle acquisizioni di risorse elettroniche hanno utilizzato strumenti disparati per conservare e organizzare le informazioni di cui hanno bisogno. Cartelle condivise per salvare fogli di calcolo sempre più grandi, con le informazioni sui rinnovi e sui nuovi contratti, magari anche i trial in corso e relativa valutazione. Caselle di posta elettronica, personali o di gruppo, per tenere traccia dei contatti con i fornitori, ricevere preventivi e spedire gli ordini, che spesso non vengono salvati altrove. Ancora fogli di calcolo su cartelle condivise, per salvare i dati delle statistiche d’uso delle risorse elettroniche, normalizzandoli quando non sono in formato COUNTER e poi consolidandoli in nuovi file, cercando anche di mantenere le serie storiche. E ancora, file condivisi con password, e contatti.

Spesso l’assenza temporanea di una persona, significa l’impossibilità di accedere alle informazioni, perché conservate su una specifica postazione di lavoro, o anche solo perché non si conosce esattamente la localizzazione del file, perché altri sono soliti lavorarci.

Da questo punto di vista, l’uso di uno strumento unico permette da una parte di conservare e organizzare tutta la documentazione secondo flussi di lavoro logici, che possono essere condivisi da più persone in maniera semplice, senza rischi di perdita di informazione.

Inoltre, l’uso di uno strumento messo a disposizione dal fornitore in modalità SaaS fa sì che tutto il materiale sia accessibile da qualsiasi postazione, protetto dal sistema di autenticazione istituzionale e condiviso tra tutti e i soli operatori che hanno bisogno di accedervi. Perciò, un ERM rappresenta anche uno strumento efficace per raccogliere dati in maniera compatibile con le numerose prescrizioni legate alla sicurezza e alla protezione dei dati, personali e non, quali ad esempio GDPR, norme ISO o prescrizioni locali. Per questo è importante affidarsi a fornitori affidabili, che possibilmente mettano a disposizione sistemi certificati, e che rispondano almeno alle qualificazioni richieste dalla normativa italiana, quali per esempio quelle gestite da AgID per le piattaforme SaaS da acquisire da parte della Pubblica Amministrazione.

La scelta di una piattaforma open-source può rappresentare un ulteriore punto di forza, da un lato poiché la normativa in Italia spinge a preferire soluzioni aperte e riutilizzabili, dall’altra perché il codice liberamente disponibile permette sia di controllare direttamente le modalità di funzionamento degli applicativi, sia di sviluppare funzionalità o componenti che poi potranno a loro volta essere ulteriormente condivise.

Infine, è utile affrontare il tema del rapporto tra gli ERM, o le library service platform, e le interfacce di ricerca unificata per gli utenti finali, i cosiddetti Discovery services[4]–[6].

Le piattaforme di servizi bibliotecari si occupano della gestione delle risorse della biblioteca, ma possono opzionalmente essere dotate di un'interfaccia di discovery. In termini generali, i servizi di ricerca e le piattaforme di servizi bibliotecari sono prodotti di genere distinto, ma i confini tra di loro non possono essere netti e assoluti, poiché l’obiettivo finale della gestione della biblioteca è quello di offrire servizi di vario genere agli utenti, primo tra tutti quello di mediazione e accesso alle risorse bibliografiche. Questi due tipi di prodotti non operano quindi in modo del tutto indipendente.

È importante quindi che LSP/ERM e sistema discovery siano progettati per lavorare insieme, in maniera integrata. Questo obiettivo può essere raggiunto acquisendo prodotti unitari, realizzati e venduti da un medesimo fornitore, incorrendo tuttavia nel rischio del vendor lock-in, cioè del rimanere vincolati a quel fornitore, senza possibilità di scegliere prodotti differenti, se non a costo di sostituire l’intera soluzione. In alternativa, si può ricorrere a soluzioni più aperte, eventualmente create da entità diverse, ma fortemente integrate, come nel caso di FOLIO e di EBSCO Discovery Service.

[1] Nel mercato delle istituzioni accademiche italiane, la percentuale di adozione di un ERM è intorno al 65%, a giugno 2022, comprese quelle istituzioni che hanno adottato una LSP completa.

Riferimenti

[1]          S. Dinotola, «I sistemi per la gestione delle risorse elettroniche (prima parte). Gli electronic resources management systems (ERMS)», AIB Studi, vol. 56, n. 1, Art. n. 1, mar. 2016, doi: 10.2426/aibstudi-11411.

[2]          S. Dinotola, «I sistemi per la gestione delle risorse elettroniche (seconda parte). Le library service platforms (LSP)», AIB Studi, vol. 56, n. 2, Art. n. 2, lug. 2016, doi: 10.2426/aibstudi-11412.

[3]          M. Breeding e ALA TechSource, Library services platforms: a maturing genre of products. Chicago, IL: ALA TechSource, 2015.

[4]          M. Breeding, «State of the Art in Library Discovery 2010». http://www.librarytechnology.org/ltg-displaytext.pl?RC=14574 (consultato 5 marzo 2012).

[5]          M. Breeding, «Chapter 1: Discovery Product Functionality», Libr. Technol. Rep., vol. 50, n. 1, pagg. 5–32, feb. 2014.

[6]          L. Spiteri, A c. di, Managing metadata in web-scale discovery systems. London: facet publishing, 2016.

 

 

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